mercoledì 1 agosto 2007

PRC: RISCHIO DI SOCIALDEMOCRATIZZAZIONE

di Fosco Giannini

«...Voglio affrontare in particolare due temi politici. Il primo: qual è il giudizio sul Partito democratico?Non è irrilevante. Spesso sento parlare di sinistra riformista e sinistra alternativa. Veltroni come Segolene? Non sono d’accordo. Noi siamo usciti, non siamo entrati nel piddì perché riteniamo che sia un partito neocentrista. Discutiamone. Sono evidenti le implicazioni: se pensiamo che Veltroni sia come Segolene, lo spazio che ci rimane è quello della sinistra alternativa. E segnalo che in Francia è già stata travolta. Se invece pensiamo che il piddì sia un partito neocentrista, l’esigenza che si pone alla sinistra italiana è di altro genere. E ancora: affrontiamo la questione del socialismo europeo. Non chiedo di aderire al Pse. Tutto da buttare? Ragioniamo. Io ho fatto una scelta socialista e socialdemocratica nell’89. Voglio che ci sia dibattito. Mezzo secolo di storia non è servito a niente? Cos’è oggi il Pse, come è cambiato? Tutto questo è importante, così come è importante fare un partito, perché serve un partito della sinistra italiana. Certo, al nostro interno ci sono identità culturali diverse ed è giusto che ne sia tenuto conto, ma attenzione a parlare di federazione. Perché va tutto bene, ma se fare una federazione significa assemblare i ceti politici, non avremo ottenuto un grande risultato. E se ci dobbiamo provare, proviamoci fino in fondo». (Cesare Salvi, da Liberazione del 26 luglio)

Questo passaggio dell’intervista di Frida Nacinovich a Cesare Salvi (su Liberazione di giovedì 26 luglio) è – a mio avviso – particolarmente significativo e disvelante.
Cosa dice Salvi?

1) Il Partito Democratico è una forza neocentrista, non è una sinistra riformista. E Veltroni non è come Segolene. Dunque: a sinistra del Partito Democratico, occorre far nascere una forza di sinistra riformista (con le idee della socialista francese Segolene) non una sinistra d’alternativa (nemmeno una sinistra d’alternativa!);

2) Salvi dichiara nettamente la sua cultura socialdemocratica; rivendica la sua battaglia per lo scioglimento del Pci (“la scelta dell’89”) e la sua vicinanza ed affinità al Partito Socialista Europeo;

3) Salvi afferma, conseguentemente, che è su queste basi politico-teoriche, di sinistra riformista, che và costruito il nuovo partito della sinistra italiana (la “ cosa rossa” a cui alludono e per la quale lavorano anche Bertinotti, Gianni ed altri);

4) Il capogruppo al Senato della Sinistra democratica afferma che – appunto – va costruito un partito di sinistra, non una federazione o un’alleanza delle forze di sinistra.

Da tempo andiamo dicendo che la “cosa rossa” può essere la pietra tombale del progetto della Rifondazione Comunista e dell’autonomia politico e culturale comunista, con uno sbocco inevitabilmente governista e moderato.
Salvi – oggi – conferma questa nostra analisi e questo pericolo.
Noi abbiamo stima per le qualità politiche di Cesare Salvi, il quale, con sincerità, proclama la sua cultura socialdemocratica e si batte per sussumere in un progetto politico e organizzativo riformista altre forze, anche comuniste.
Chi non riusciamo a capire sono i dirigenti della maggioranza del Prc, che stanno al gioco di Salvi e Mussi, mettendo a rischio la vita stessa di Rifondazione Comunista.
Se non sono consapevoli del rischio di liquidazione del Prc dentro la “cosa rossa”, sono – politicamente – colpiti da cecità.
Se sono consapevoli, sono oggettivamente dei liquidatori. In entrambi i casi, le loro posizioni sono da battere.

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